domenica 1 dicembre 2019

Crisi: l'emergenza idrica

Riepilogo esperienze precedenti:


Studio categorie prescelte:


Morfologia applicata alle tessiture:










mercoledì 20 novembre 2019

Scacchiera


Il  ragionamento che ho adottato si è basato sul fatto che i flussi disegnati dall’artista tengono conto del paesaggio naturale che ha attorno e sono indirizzati verso ciò che vuole far vedere, ciò che ha scelto come elemento naturale interessante. Queste ramificazioni dunque possono essere modificate in relazione al contesto in cui l’opera è inserita, in base alle proprie tessiture. Possono essere ruotati, traslati, intersecati e anche sovrapposti, per creare una struttura che si adatti perfettamente al contesto in cui si trova.


Le prime proposte progettuali sono nate in relazione al sistema di tessiture individuato precedentemente.  Gli elementi dell'opera di Steven Holl sono stati così manipolati per ottenere nuove direzioni, alcuni flussi sono stati aggiunti ( in blu) e sovrapposti a quelli originali.

TESSITURE:





SCACCHIERA DI  PARTENZA:



IPOTESI 1:

IPOTESI 2:

IPOTESI 3:

martedì 19 novembre 2019

Steven Holl, scelta dell'opera


IL CONTESTO:

Gli anni ’80 sono anni di mutamenti politici ed economici; la caduta del muro di Berlino, nel 1989, segna l’inizio simbolico di una nuova epoca storica. Tutte le contraddizioni che avevano segnato il periodo precedente scompaiono; cambiano i confini e si aprono i mercati; la globalizzazione accelera. 

L’architettura risente di questi mutanti; Il 1988 si apre con la mostra Deconstructivist Architecture curata da Mark Wigley, dove partecipano personalità esemplari come Peter Eisenman, Zaha Hadid, Frank Gehry, Coop Himmelblau, Bernard Tschumi, Daniel Libeskind e Rem Koolhaas.

Questa mostra fu in grado di influenzare enormemente il dibattito architettonico e gran parte del successo lo deve proprio al suo nome: la parola Decostruttivismo infatti allude ad una serie di echi e risonanze di matrice filosofica. Mentre lo strutturalismo portava l’attenzione al testo come insieme di meccanismi chiusi in sé, il decostruttivismo lo riapre verso l’esterno con chiavi di lettura destabilizzanti. Un esempio architettonico è rappresentato dalla casa a Santa Monica di Gehry, l’edificio è avvolto da materiali di scarto ed è investito da forze che decostruiscono le icone tradizionali. Il vecchio non si annulla, ma cambia completamente significato.

All’innovazione dalla macchina degli anni ’20 si sostituisce quella dell’informazione; il sociologo Toffler infatti afferma che, superata la prima fase legata ai processi della terra e la successiva dominata dall’industrializzazione, siamo giunti ad una terza epoca storica caratterizzata dall’informazione; per comprendere meglio questo passaggio basti pensare che ancora oggi il 90% del valore di un articolo comprato al supermercato è costituito dalle informazioni (provenienza, ricerca, commercializzazione..) è l’informazione infatti che rende competitivo un bene. L’architettura si trasforma, non è più “esisto in quanto funziono” ma “esisto in quanto informo”.

Un altro importante cambiamento si ha grazie alla sostituzione del concetto di zooning con quello di mixitè; si realizzano edifici con funzioni diverse, nelle periferie, nelle città; si costruisce la città dell’informazione (un esempio è Renzo Piano).
L’architettura è sempre più legata al tema ambientale, vengono messe in atto delle nuove idee di progettazione più vicine alla natura.

STEVEN HOLL
Nasce nel 1947 in una cittadina dello stato di Washington, è un self-made architect, dopo aver studiato in università americane di poco conto, si trasferisce a New York dove si fa strada da solo a partire dagli anni 80, iniziando con impieghi modesti fino ad arrivare ad opere di importanza internazionale. Nel suo pensiero possiamo ritrovare alcuni principi guida:
·  Interesse fenomenologico, secondo cui il progetto si deve basare su esperienze dirette fisiche e psicologiche
· Processi di metaforizzazione, l’opera deve richiamare immagini e simboli anche esterni all’architettura. Esempi sono la Spiroid sector che evoca una spirale e la casa Stretto che ricorda uno spartito musicale
·  La consapevolezza che spazi e edifici giocano uno con l’altro
·  La convinzione che ogni progetto deve avere un’idea forza (Kahn)

L’opera chiave è Il museo Kiasma di Helsinki: il progetto, frutto di una lunga riflessione che ha portato a circa 30 ipotesi, vince il concorso del 1993 battendo 521 gruppi. L’edificio è costituito da due corpi intersecati, uno rettilineo sul fronte stradale e uno a galleria. La chiave del progetto risiede proprio nel suo nome, Kiasma, che ha due significati diversi ma ugualmente adatti all’opera:
 · Una figura retorica nella quale si dispongono in ordine inverso i membri corrispondenti di una             frase.
 · Il punto dove le fibre dei nervi ottici si incontrano nel cranio

L’OPERA:
L’opera che ho scelto di analizzare è l’Herning Art Musuem. L’edificio, progettato da Steven Holl nel 2009, ospita la nuova sede del museo per le arti visive e per la musica, prima collocato all’interno di una ex fabbrica di camice posta nelle vicinanze. Il cuore del museo è rappresentato dalle due sale espositive, una rettangolare l’altra quadrata, che lo stesso architetto definisce “scatole del tesoro”. Queste sono avvolte da dei flussi morbidi che, se da una parte proteggono le due sale, dall’altra cercano di connetterle al paesaggio circostante, creando dei coni prospettici, come se fossero dei cannocchiali.  L’architetto per la realizzazione dell’opera ha tratto ispirazione proprio dalla preesistenza, infatti questi flussi, visti dall’alto ricordano le maniche delle camice. Il tema del tessuto inoltre viene coltivato anche nelle pareti esterne; nelle casseforme infatti è stata inserita della tela cerata che rivela una trama a tessuto visibile nel calcestruzzo bianco. Holl trasforma anche il paesaggio, da un campo piatto infatti realizza un sistema di colline e specchi d’acqua creati per nascondere il parcheggio e le aree di servizio.

Ho scelto quest’opera perché sono rimasta affascinata da come Steven Holl sia riuscito a mediare il rapporto tra ciò che è il fulcro del museo, le sale espositive, e l’ambiente esterno. L’architetto ha usato dei flussi, delle ramificazioni che puntano verso elementi del paesaggio naturale offrendo una pena visione di questi. Talvolta questi flussi si intersecano, talvolta sono svincolati, ma tutto il sistema rimane ad un unico livello.





mercoledì 9 ottobre 2019


Maria Lai, "Legarsi alla montagna"


L’opera scelta è un esempio di azione ambientale partecipata realizzata nella città di Ulassai l’8 settembre del 1981. L’installazione lega le case del paese alla montagna, tramite l’utilizzo di tredici tele di jeans azzurro tagliate e ricucite assieme a formare un lungo nastro di circa 27 km. La popolazione inizialmente contraria all’iniziativa, interagì con la stessa; sono stati infatti realizzati dei nodi laddove esisteva tra le famiglie un rapporto di amicizia, l’assenza di questi invece rappresentava l’inimicizia e l’inserimento di un pane, amore. L’intento dell’artista è quello di rappresentare materialmente le relazioni tra gli individui che compongono la comunità e il legame della stessa con il territorio, tra uomo e paesaggio.

CONFINE


Soffermandoci a riflettere sul senso dell’opera, siamo finiti a domandarci quanto questo nastro, questi legami sia interpersonali che con il luogo da dove veniamo, dove viviamo, spessevolte rappresentino per noi un confine, un limite, oltre che un collegamento, un legame, un potenziale. Se da una parte il nastro è sicurezza, dall’altra può essere gabbia ed è inevitabile sia il tentativo di volerlo oltrepassare che quello di voler continuare a srotolarlo.





Maria Lai, "Le parole imprigionate"


L’opera si inserisce all’interno della serie “libri cuciti” nei quali l’artista utilizza un filo come allusione dell’inchiostro che tesse su pagine sia di carta che di stoffa. Il filo diventa un simbolo di dialogo, di narrazione, di memoria e del passaggio dell’oralità alla scrittura.  Il libro sembra incompiuto, dalle pagine cadono grandi grovigli di filo interpretabili come grovigli di pensieri che sembrano voler uscire fuori dall’opera stessa

LIMITE


Il libro cucito contiene una memoria collettiva fatta di tessiture, montagne sarde e vita di persone, il linguaggio di comunicazione ci risulta sconosciuto: come solo un cieco è in grado di leggere un alfabeto Braille, parallelamente solo una tessitrice di Ulassai è in grado di comprendere ciò che l’opera ha da dire. La storia che esso contiene ci risulta quindi sconosciuta oltre che inconoscibile, ma la sua presenza e forza ci arriva chiara e diretta e ci colpisce in profondità, accompagnata dalla frustrazione di non poter avere accesso a questa incredibile miniera di informazione.





Gordon Matta-Clark, "Conical intersect"

L’opera scelta fa parte dei “building cuts” in cui l’artista realizza tagli di facciate e pavimenti di edifici abbandonati destinati alla demolizione. Nel caso in esame il taglio segue il profilo tridimensionale di un cono orientato a 45° rispetto alla strada sottostante. L’artista con queste operazioni vuole creare un rapporto diretto con il mondo esterno andando a negare l’idea di immobilità spesso associata ad un edificio. La sua attività ha certamente un esplicito valore di critica sociale ed estetica alla città contemporanea e alla speculazione edilizia, nella sostituzione di un edificio antico con uno nuovo l’artista è in grado di leggere non solo la perdita di un volume edilizio ma di un unico pezzo di storia.

ROVINE

La riflessione dell’autore risulta estremamente attuale; ancora oggi spesso edifici abbandonati vengono brutalmente abbattuti e sostituiti da costruzioni motivate esclusivamente da interessi economici. In questo modo la stratificazione di una città non viene rispettata, ciò che viene cancellato infatti non potrà mai essere replicato dall’esperienza speculativa. La gentrificazione avanza.
L. Marchi, L. Migliaccio, E. Viola

martedì 1 ottobre 2019